Marius Schneider - Il canto greogoriano, il carro

(in allestimento, di Francesco Piro)

Marius Schneider, nella sua opera, Il significato della musica, dedica un intero capitolo (pagg. 183 – 204) a Il Canto Gregoriano e la voce umana. Qui solo dei brevi commenti, degli appunti a margine, al pensiero originale e profondo di quest’autore.

All’inizio dello scritto si trova un’illuminante premessa con una definizione del Canto Gregoriano:

Il canto gregoriano è una forma di orazione, pertanto la sua essenza non si può cogliere per un tramite puramente musicale ma soltanto attraverso la pratica stessa dell’orazione.

Il gregoriano è un atto, aggiungeremmo, qualcosa da fare non da ascoltare. L’approccio non deve essere esclusivamente musicale.

Esso occupa un termine medio tra la lettera pronunciata della preghiera e la pura contemplazione mistica, poiché si basa su parole concrete il cui senso logico sottende in certi casi ed in altri amplifica fino ai confini del pensiero iperlogico.”

Interessante questo doppio valore dato alle parole dei testi e alla loro comprensione, sarebbe più facile per noi da concepire l’idea di “musica di accompagnamento/parole di importanza primaria” oppure l’idea opposta di “musica pura/parole di importanza nulla”. Più aliena alla nostra mentalità il senso di una comprensione reciproca di parlato e musica.

“All’opposto della musica romantica, ... il canto gregoriano ha una castità ed un carattere (per la concezione musicale moderna) troppo riservato. La forza espressiva del Canto Gregoriano non si afferma col parossismo, ma con la sobrietà, la sincerità, la cortesia e la castità delle sue formule.”

cita l’opinione di alcuni grandi Padri come S. Agostino: “vox est enim animi diffusi laetitia” – “la voce è la gioia di un animo che trabocca”, Atanasio “la salmodia ben cantata infonde una forza moralizzatrice straordinaria e questa forza non si comunica soltanto ai cantori ma anche agli ascoltatori”, Ilario di Poitiers dice che nella salmodia, cioè nel salmo cantato, si compenetrano il sapere e l’operare e infine S. Gregorio e S. Basilio considerano la salmodia un unione della fede contemplativa e dell’attiva. In Pietre che cantano cita inoltre:

Secondo Giovanni Crisostomo e Gregorio, il salmo cantato pervade tutte le sfere, l’inno invece è rivolto soltanto a forze mediatrici. Eusebio, Basilio, Gerolamo e Ilario di Poitiers definiscono la pura melodia del salmo come via alla conoscenza dei misteri celesti e come comprensione della verità senza azione. Il salmo parlato, per contro, è ritenuto un moto dell’anima verso il buon operare. Il salmo cantato con parole rappresenta invece il legame tra conoscenza e attività. Esso è la vita activa. Di conseguenza l’espressione psallere diventa nel Medioevo il simbolo della condotta di vita cristiana in genere. Cantare salmi significa agire secondo conoscenza pura, o meglio realizzare le buone opere richieste da Dio nella loro forma più pura, cioè acustica. Questo significato del salmo è illustrato chiaramente anche da San Benedetto nella sua Regola. Sant’Agostino dice: “Cantate oribus, cantate moribus”. ‘Musica’ è nella concezione del mondo antico non solo il suono udibile, ma soprattutto l’immagine più pura della creazione, volta all’eternità e alla morte. Adamo di Fulda definisce la musica una “meditatio mortis continua”.
( Marius Schneider, Pietre che cantano, p. 46)

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ma qui il punto che ci interessa di più, quello che esprime una concezione del gregoriano quasi materica, oseremmo dire, dove il canto è un carro per andare a Dio. Non si tratta di un semplice mezzo (pscologico o morale) per aiutare l'orante ad avvicinarsi spiritualmente a Dio, si tratta di un mezzo di trasporto o della via stessa da percorrere. Che questa sia un'azione spirituale non la rende un'azione meno reale.

Il canto gregoriano non racchiude nulla di patetico o violento e neanche di blando o dolce. Il sentimento non gli dà né anima né corpo, ma anzi ne costituisce soltanto l’ombra, cioè una conseguenza.

Il canto gregoriano è un cammino, un mezzo di trasporto. Il simbolismo pre-cristiano lo avrebbe chiamato un carro, una nave, o un fiume, sul quale avrebbero camminato le luminose sillabe sonore.

Le sue ondulazioni moderate costituiscono un fiume o sentiero che prescrive all’orante il cammino più percorribile attraverso il terreno accidentato delle valli sorridenti, delle scure gole e delle aspre montagne del paesaggio liturgico.

Il suo ritmo disciplina l’allegria del Gloria, ispira fiducia nel Miserere nobis e soccorre il pneuma angosciato dell’uomo destando in essa a poco a poco la coscienza della presenza di Dio.

L’alleluia è un vero “carro dei cherubini”.

in allestimento

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Qui il punto centrale da cui dipartono tanti suoi studi sull'origine della musica:

In realtà il creatore è un essere puramente acustico, canto o grido emesso probabilmente con una voce di testa, che crea un mondo di suoni e di luce. L'apparizione della materia è un atto posteriore considerato spesso un decadimento».

«In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio.» (Giovanni 1,1). Secondo gli Egiziani il dio Thot creò il mondo così: «Egli rise ancora sei volte e ogni scoppio di rise fece nascere esseri a fenomeni nuovi.». Nella tradizione indiana «Mentre Atman (anima del mondo) covava il mondo, la sua bocca si scisse come un uovo a dalla bocca uscì Vác (parola) e da Vác balzò fuori Agni (fuoco, sole)

«La voce è suono. Il suono è l'elemento più sottile della materia percettibile. Nella storia di ciascuno di noi, come nella nostra storia collettiva, fu proprio esso, in origine, il luogo di incontro dell'universo e dell'intelligenza.»

Perciò l’essenza di tutte le cose appare sonora ed il mondo una sillaba pietrificata.

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Canto è forza vitale e forza vitale è canto. Entrambi sono manifestazioni di una forza creatrice fondata sulla disposizione a sacrificare soffio e forza vitale mediante il canto, gioiosa affermazione di un sacrificio costruttivo.
(Marius Schneider, Pietre che cantano, p. 63)

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“Ci sono canti rituali con gridi di fiere e voci alte, i cui ritmi progressivamente accelerati creano nel cantore uno stato di estasi violenta;…ce ne sono altri, di pura magia, i quali mediante un canto monotono e percotente pretendono di esercitare un’influenza diretta sugli dei e sulle forze della natura.” … ”Il canto gregoriano non ha queste pretese di potenza: chiama Dio addormentato (Exsurge, quare obdormis Domine? – Destati, perché dormi, o Signore?), però col dovuto rispetto. Sa perfettamente che tutto dipende dalla grazia divina e pertanto non tenta con la sua supplica di esercitare una violenza.”

in allestimento

Marius Schneider nasce ad Hagenau, in Alsazia nel 1903, la sua formazione attraversa varie discipline (filologia, musicologia, pianoforte, composizione) e si compie in varie città (Strasburgo, Parigi, Berlino). È a Berlino che inizia quella lunga e straordinaria ricerca comparata tra la polifonia extraeuropea e quella europea, i cui frutti saranno raccolti in una monumentale Storia della polifonia, pubblicata a Berlino nel 1934. Nel 1933 assume la direzione del “Phonogramm-archiv”, accettando di convivere con il regime di Hitler fino al 1944, quando si allontana dalla Germania per riparare in Spagna. A Barcellona, nella sezione etnomusicologica dell’Istituto di Musicologia, intraprende una colossale indagine sul simbolismo musicale sia delle antiche culture superiori che della musica primitiva, che porterà alla pubblicazione di due importanti opere: Gli animali simbolici e la loro origine musicale nella mitologia e nella scultura antiche e La danza delle spade e la tarantella. La sua carriera accademica si svolge in seguito nelle università di Colonia (1955-1968) e di Amsterdam (1968-1970); in questo periodo oltre a numerosi saggi su riviste ed enciclopedie pubblica la sua opera forse più famosa, Pietre che cantano. Nell’ultimo periodo della sua vita (muore a Marquarstein, in Baviera, nel 1982) pubblica numerosi saggi sulla rivista di Elémire Zolla “Conoscenza Religiosa”. Questa sarà l'oppurtunità per il musicologo che lo farà conoscere ad un largo pubblico e, purtroppo, che ne devalorizzerà l'opera, da qualcuno inquadrata tra le produzioni del cosiddetto esoterismo, squallido fenomeno dell'era moderna con cui il nostro non ebbe mai a che fare. Marius Schneider fu esclusivamente un musicologo attento, la cui sensibilità si accorse di fatti nuovi per la prima volta e lo portò a nuove scoperte e nuove teorie.

Bibliografia in lingua italiana di Marius Schneider:

Marius Schneider, Il significato della musica, edizioni Rusconi, Milano 1979

Marius Schneider, Pietre che cantano, edizioni Archè, Milano 1976 e edizioni Guanda, Milano 1980

Marius Schneider, La musica primitiva, edizioni Adelphi, Milano 1992

Marius Schneider, Gli animali simbolici e la loro origine musicale nella mitologia e nella scultura antiche (or. 1946), edizioni Rusconi, Milano 1986

Marius Schneider, La danza delle spade e la tarantella (1948), edizioni Argo, Lecce 1999

La nozione del tempo nella filosofia e nella mitologia vedica, in Ecologia della musica (a cura di Antonello Colimberti), Donzelli Editore, Roma 2004;

La musica primitiva, in Storia della musica, vol. I/Musica antica e orientale (a cura di Egon Wellesz), Feltrinelli Editore, Milano 1962

Molti saggi di Marius Schneider sono stati inoltre tradotti e pubblicati sulla rivista “Conoscenza Religiosa” (1969-1982) diretta da Elémire Zolla.

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