parole

 

di Luisa:

 

Per me la poesia è prima di tutto una passione, un andare verso l’altro e l’altrove

 

Nelle mie liriche uso poco la rima e mi muovo in uno spazio che è molto lontano dalla consueta poesia italiana o dal modo di fare canzoni dei cantautori italiani

 

Senti la musica e poi cerchi le parole; io ho dei testi, scritti da me o da altri, sento la musica, intuisco che questa musica è adatta a questo testo…

da un intervista del 2004 di Paolo Jachia (leggi)

 

<<intervistatore: "Non hai un progetto (quando componi)?"

              Angelo: "No assolutamente... Non so descrivertelo, esce così: esce una frase musicale che suggerisce per esempio a mia moglie una frase, una immagine..."

     intervistatore: "Come lavorate insieme, tu e tua moglie?"

                Luisa: "Lavoriamo nel senso che essendo marito e moglie siamo sempre assieme, praticamente è una cosa abbastanza contemporanea, cioè il testo e la musica."

da Non sparate sul cantautore, di C. Bernieri, ed. Mazzotta, Milano 1978

 

 

Casanova è stato ispirato dalla novella di Schnitzler, "Il ritorno di Casanova". Ho letto questo libro e mi è piaciuta molto l'immagine di Casanova vecchio che ritorna a Venezia per morire. Non è stato facile adattare questo testo a una canzone. Però ritengo che si sia sposato bene con la melodia di Angelo.

 Indiani è stato invece ispirato dalle letture delle poesie degli Indiani d'America. E' un misto di sensazioni ricavato dalla loro filosofia, dal loro spirito fortemente ecologista. Ci sono le invocazioni all'acqua, il legame con la terra, i richiami all'amore universale. Ho accostato queste tematiche all'amore tra un uomo e una donna, che diventano piccoli piccoli di fronte all'immensità di questi concetti.

 

da un intervista del '92

 in: www.angelobranduardiclub.net/abdirect/abnote00/abnot000.htm

 

<<intervistatore: "Ma cosa vuole il pubblico da voi?"

                Luisa: "Penso che bisognerebbe chiederlo a loro, noi non lo sappiamo.">>

da Non sparate sul cantautore, di C. Bernieri, ed. Mazzotta, Milano 1978

 


di Angelo:

In questo disco vi sono tre canzoni, Il tempo che verrà, Ch'io sia la fascia, Per creare i suoi occhi, ma soprattutto la prima canzone scritta insieme a Luisa, che possono dire molto su tutto quello che ho fatto dopo, hanno già in sé qualcosa di valido che poi ho sviluppato

 

 

 

 

"Solo una volta ho scritto una canzone, nel mio primo disco del 1974, si intitolava "Lentamente". Credo che il linguaggio abbia un significato inferiore al suono, meno potente, meno immediato."

 

 

I testi sono stati scritti come sempre da me e mia moglie e seguono la strada delle musiche, cioè sono molto scarni e lineari con l'utilizzo di alcune parole magiche. In Disgelo per esempio la parola-chiave è ghiaccio e a ogni verso questa parola si carica di possibilità diverse: ghiaccio, nave di ghiaccio, ti darò una nave di ghiaccio, una nave di ghiaccio per navigare. Questo procedimento poetico è simile a quello della reiterazione che sta alla base di tanta musica popolare e che serve a creare uno stato di sospensione fisica e mentale come nel reggae, ma anche nel tango, nel flamenco, nella musica araba con i suoi accenti strani.

 

 

E' stata mia moglie, Luisa, ad introdurmi nel mondo fantastico di questo poeta, Yeats, che io ritengo grandissimo. E' stata la musicalità delle sue parole, la preziosità con cui è curato ogni suo verso ad attirarmi.

 

 

 

L'albero è una delle cose più belle che forse abbia mai scritto mia moglie, una cosa che non ha un senso, non c'è partecipazione emotiva, è una definizione, uno stato, non c'è movimento, non c'è storia. E' un ritratto immobile, dove c'è tantissima tensione, ma immota, immobile, le parole hanno dovuto seguire questa direzione ed io appoggio il basso ogni quarto d'ora.

 

 

Quando compongo, in genere la musica nasce prima e io do sempre, nel poco suonare che faccio nei pezzi, un'immagine abbastanza chiara di quel che quella musica vuole dire. Una canzone è la notte, ad esempio, un'altra invece è di tipo sensuale, sinuoso. Ho la presunzione di affermare che nella musica c'è già un'immagine e che quindi bisogna soltanto cercare di capire quale sia o di renderla con una sintesi letteraria che io da solo non sono capace di dare e Luisa ha molta più capacità di sintesi di me.

Angelo, da un intervista del '90 su "il Ladro"

 

 

C'è un solo pezzo in cui ho fatto la musica sopra le parole, quello breve che chiude il disco, Festa.

Da il ladro

 

Nel totale disinteresse di una sala c’è sempre uno là in fondo a destra che ti ascolta, e che ti ascolta veramente. Per quell’uno io devo suonare.

 

La musica è il tutù e lo straccio. Nel senso che può produrre una grandissima consolazione o, al contrario, una grandissima desolazione.

 

La musica di messaggi non ne dà. Dà solo degli scossoni micidiali che o ti prendono o non ti prendono.

 

Il poeta scrive quello di sé che non sa.

 

Se io un giorno scrivo una certa musica è perché il giorno prima ho respirato un’aria che mi fa scrivere quella musica e non un’altra.

 

È questo un aspetto tipico di chi ha un carattere un po’ timido e introverso come il mio; i timidi diventano spesso più furbi degli altri, sono costretti ad arrivare alle cose in maniera indiretta, più accorta, usando mezzi particolari.

 

So di essere ai margini e mi sta benissimo. Intendiamoci, non si tratta di una scelta eroica. Il fatto è che non so far musica altro che in questo modo.

 

Un musicista non è uno di cui ci si possa fidare.

 

Io mi rendo conto di essere spesso, nella vita quotidiana, non solo timido, ma anche pesante, noioso, … ma fino al momento in cui salgo sul palco; a quel punto tutto cambia: è come la storia dell’albatro che quando è a terra stenta a camminare, è goffo, ma poi in volo…

Come diceva Segovia, un chitarrista passa metà della sua vita ad accordare la chitarra e l’altra metà a suonare scordato.

 

Prendo in prestito la frase "La mia casa è dove appendo il cappello".

 

Vorrei che la mia musica fosse come un barattolo vuoto, dove ciascuno possa mettere cose diverse da quelle che ci metto io.

 

Quando scrivo parto comunque sempre da immagini riguardanti cose e luoghi che non ho visto, sui quali perciò poter fantasticare. Gli artisti amano descrivere ciò che non hanno visto proprio perché possono far volare la fantasia.

 

Chi mi conosce bene sa quanto io in realtà sia inquieto e quanta drammaticità ci sia in me

 

L'artista deve guardare al di là dello specchio, gli impulsi che gli arrivano lo devono portare

a scoprire una cosa e allora lui la rivela, nel senso che toglie i veli e la gente la riconosce come

propria.

 

E’ innegabile, tuttavia, che il mio "bagaglio musicale" sia pieno di medioevo, come anche di barocco, di musica celtica e di tante altre cose... Suono e ascolto veramente di tutto.

 

Confesso che ho vissuto è una canzone di particolare intimismo, anche profondo diciamo.E' una citazione di Pablo Neruda e chi la canta parla di un passato che ha dietro le spalle e di un futuro che probabilmente è anche quello già dietro le spalle. Spero che i branduardiani, e anche gli altri, l'apprezzino senza cadere in depressione.

 Non crediamo ci sia nulla da aggiungere sulla carismatica figura di san Francesco, nulla che i nostri cuori non sappiano già.

 

A me interessa più il viaggio della méta.

 

Sono e voglio essere un artigiano.

 

Come ho scelto il personaggio di san Francesco? L’idea non è stata mia ma di due francescani del convento di Assisi, peraltro due comuni frati, non in alto nella scala gerarchica. Inizialmente la cosa non ha riscosso da me grande entusiasmo perché non volevo fare un disco di musica devozionale: produzioni di questo genere le lascio volentieri a Radio Maria e alle Edizioni Paoline. Poi però questi francescani mi hanno conquistato perché io ho chiesto loro : "Per quale motivo scegliete me che sono un grande peccatore? Be’ insomma: il gentiluomo gode e tace. Voglio dire... non sono uno stinco di santo!" E loro, con il grande humour che è tipico dei francescani, hanno risposto: "perché Dio sceglie sempre i peggiori". Allora mi sono messo a ridere e... a lavorare!

 

- "Hai scritto la tua prima canzone a 18 anni. Cosa ti ha spinto a farlo?"

- "Non mi ricordo."

 

 

 

MUSICA

Forse è soltanto un po' più in là

la strada giusta per andare

dammi la mano per trovare

la terra dove non è freddo mai

e musica

e sempre musica

e ovunque musica

larghi campi di fragole

ed il tempo di ridere

Ed è soltanto un po' più in là

dammi la mano, voglio andare

e poi fermarmi a respirare.

quel vento caldo che c'è là

e musica

e sempre musica

e ovunque musica

e su di noi le nuvole

non si fermano mai....

E` forse un po' più in là

soltanto un po' più in là

la terra da trovare

e solo un po' più in là

è il tempo di guardare

le nuvole passare

e là non è freddo mai.

 


fonti varie, articoli, interviste, internet, la mia memoria... importanti le pagine di www.angelobranduardiclub.net/abdirect/abnote00/abnot000.htm del sito di Marisa; si può percorrere l'intero cammino musicale di Angelo Branduardi.